Il superamento del disordine e del tumulto presente durante la maggior parte del Medio Evo porta allo smantellamento delle antiche strutture feudali lasciando il posto al rifiorire dell’arte, della musica e dell’architettura.
Leon Battista Alberti in “De re aedificatoria”, riprende il trattato di Vitruvio ampliandolo e dando particolare importanza alla funzione di illuminazione e ventilazione delle finestre, al fine di assicurare salubrità e confortevolezza all’ambiente interno. Le finestre diventano allora un punto fisso di primo piano nelle case per i ricchi tantoché le aperture più ampie in vetro, vengono decorate con tende o altri elementi ornamentali. Nel Rinascimento la finestra svolge una funzione di “veduta”. Non è un caso se nella pittura di questo periodo sia difficile rintracciare i confini delle finestre. La finestra diventa un qualcosa di estetico e di simbolico insieme, una sorta di pretesto per portare dentro, la bellezza scenografica del mondo.
Come abbiamo già accennato, durante il Rinascimento vengono applicati canoni architettonici innovativi, conseguenza della svanita separazione che prima vigeva tra architettura civile e religiosa. Tra questi il bugnato che, a seguito delle sue prime applicazione nell’età greco-romana e della sua successiva scomparsa durante il Medioevo, torna ad essere elemento visivo centrale della facciata. Inoltre, il bugnato, almeno nelle prime applicazioni, con le finestre a bifora medievali, caratterizzate da leggiadria e sottigliezza (ad esempio a Firenze, nel Palazzo Strozzi), col Rinascimento entra in un affascinante contrasto divenendo motivo decorativo nelle finestre evidenziando l’arco o l’architrave di scarico dei pesi di facciata. Fra Quattrocento e Cinquecento il bugnato rustico, in particolare, acquista un rinnovato prestigio e una rilevanza architettonica grazie all’influenza esercitata soprattutto dai grandi palazzi fiorentini eretti all’interno delle mura medioevali: per citare solo gli esempi più emblematici, Palazzo Medici, Palazzo Rucellai, Palazzo Pitti, Palazzo Strozzi.
Tra le finestre in uso massiccio anche la serliana, un elemento architettonico composto da un arco a tutto sesto affiancato simmetricamente da due aperture in cui sono collocate due colonne sormontate da un architrave. In particolare, molto utilizzata la trifora serliana, costituita da tre intercolunnî, dei quali quello centrale ad arco.
In sostanza, nel Rinascimento, continua ad essere usata ancora qualche bifora, ma per lo più, attraverso le finestre rettangolari, si ritorna ad una certa linearità nelle forme. Successivamente, con il Manierismo, le finestre diventano meno leggere, ormai sono quasi sempre rettangolari, con architravi in rilievo a cornice o decorati. Nell’architettura rinascimentale il ritorno agli ordini classici, attraverso la ripresa dei motivi della grande architettura romana e in particolare della funzione decorativa e di partizione degli spazi costituita dagli ordini architettonici, conduce ad una riproposizione del motivo decorativo dell’edicola.
Successivamente evolverà le proprie forme seguendo i canoni dettati dall’architettura barocca. Frequente è pure la finestra a croce, che segue uno schema già in uso nell’arte medievale. Dunque già nel Cinquecento, gli ordini architettonici e il ritmo semplice delle linee raggiungono il massimo equilibrio nel dare configurazione alle facciate, e la finestra acquista in esse una funzione estetica ben determinata, esprimendosi con sobrietà di forme e di composizioni direttamente derivate dal classico.
Nel paragrafo sulla manualistica del trattato sulle finestre di Roma e Firenze (“Porte e finestre di Firenze e di Roma”) di Giorgio Vasari il Giovane descrive il Palazzo Bartolini Salimbeni in Piazza S. Trinità a Firenze. Lo stesso dice che “…fu il primo edifizio…che fusse fatto con ornamento di finestre quadre, con frontispizii, e con porta le cui colonne reggessino architrave, fregio e cornice; furono queste cose tanto biasimate da i fiorentini con parole, con sonetti e con appiccarvi filze di frasche, come si fa alle chiese per le feste, dicendosi che aveva più forma di facciata di tempio che di palazzo”. Ad esempio, la novità assoluta della finestra architravata, che contraddistingue la seconda meta del Cinquecento, viene quasi completamente adottata dall’architettura e utilizzata in moltissimi palazzi, in combinazione con scansioni ritmiche di carattere classico.
La netta distinzione tra progettista ed esecutore dell’opera architettonica, che viene fatta nel periodo rinascimentale, tende ad accentuarsi nel periodo manierista facendo sì che la progettazione si arricchisca di elementi intellettuali che esaltano la funzione nobile del disegno puro in sé stesso.
È proprio in questo periodo che viene emanata la cosiddetta “tassa sulle finestre e sulle vedute”: se il popolo usa ancora chiudere le aperture con ante in legno, le finestre vetrate sono infatti ancora appannaggio esclusivo di pochi.