Abbiamo infatti visto come il Barocco, il cui nome deriva dall’oreficeria, introduca questa novità assoluta nell’architettura che si traduce in un’assoluta indipendenza dagli schemi classici della progettazione che avevano vincolato la produzione edilizia fino a quel momento.
Dal periodo Barocco e lungo il Settecento, pur senza cambiare radicalmente nella struttura e nell’inserimento nelle murature, le finestre assumono connotazioni formali diverse a seconda degli stili architettonici. Dal momento che, trattandosi ancora di murature portanti, le dimensioni delle aperture sono limitate dai rapporti pieni-vuoti imposti dalla consistenza dei maschi murari. Ma è solo con l’avvento dell’acciaio e del cemento armato che la finestra può diventare un vero e proprio “tamponamento”. Grazie alla possibilità di realizzare ossature portanti di sezioni relativamente ridotte, che favoriscono la nascita di strutture formate da telai di pilastri e travi, la finestra può diventare finalmente elemento predominante in architettura.
Nelle forme più svariate (rettangolari, quadrate, ad arco a tutto sesto o ribassato, a timpano), la finestra si compone con altri elementi a formare aggregazioni che scandiscono il ritmo verticale, non più sottolineato dagli ordini architettonici come avveniva nel Rinascimento. I frontoni si arricchiscono di decorazioni, volute e temi tratti dalla natura si incurvano assumendo le forme tipiche dell’architettura barocca. Le forme sempre più complicate e decorative tendono ad esaltare l’importanza del particolare rispetto all’insieme dell’immagine dell’intero edificio. L’articolazione e il dinamismo assumono connotazioni esasperate: così nasce il Rococò, tardo Barocco, prevalentemente ornamentale, che si caratterizza unicamente come stile decorativo. Già nel Barocco, per primi in Europa gli artigiani italiani, avevano introdotto importanti novità nella lavorazione del legno dei serramenti.
Fin dal XVIII secolo vengono introdotti il gocciolatoio e piccoli telai intermedi che, al posto dei fili di piombo usati in precedenza, collegano le lastrine di vetro nel pannello finestrato. I telai, pur presentando ancora una scarsa durata in caso di esposizione all’umidità e all’acqua, hanno profili articolati e complessi, con una buona tenuta. La ferramenta rimane in ferro battuto arricchendosi di decorazioni e trafori. Persino la tecnologia del vetro compie progressi in questo periodo. Circa un secolo più tardi in Inghilterra si diffonderanno le finestre a scorrimento verticale (a saliscendi), anche dette a ghigliottina, con telaietti intermedi, denominate “finestre all’inglese”. Mentre nel resto dell’Europa verranno applicati i primi serramenti in legno, in genere in legno di rovere, teak, platano, acero.
Grazie alla lezione dettata dal modello della letteratura d’architettura francese Sei-Settecentesca, la tecnica ben rappresentata dalle opere di eminenti autori, come ad esempio Valadier e Cantalupi, assume carattere di studio applicativo. In trattati di “architettura pratica”, come nel caso dell’opera di Valadier, è tuttavia viva e chiara la consapevolezza che, anche laddove si è prolissi nella definizione geometrica di esse e nei metodi per il loro tracciamento, invano si cercherebbero descrizioni tecnico-operative, i cosiddetti “segreti dell’arte”, esaurienti dell’erezione fisica di strutture. In questo modo il cosiddetto “Trattato teorico e pratico dell’arte di edificare” (1832) dell’architetto francese Jean-Baptiste Rondelet si pone per questi autori come ispirazione per le considerazioni statiche generali sulle strutture, elementi di conoscenza dei materiali e delle loro dimensioni commerciali, con le relative prestazioni tecniche (relative anche ai prezzi). Rondelet, famoso architetto che evitò il crollo del Panthéon di Parigi, fu propugnatore della importanza della tecnica costruttiva come arricchimento e stimolo per le realizzazioni edilizie. I suoi due volumi del trattato contengono 207 tavole di accuratissimi particolari costruttivi di ogni genere, tra cui di particolare interesse i rinforzi di strutture in pietra con barre metalliche. Nel trattato di Rondelet, come in tanti altri trattati di architettura dei decenni successivi, viene dedicata una sezione importante alla realizzazione delle finestre, delle chiusure e della ferramenta.
Sono postumi “Particolari di costruzioni murali e finimenti di fabbricati” di Giuseppe Musso e Giuseppe Copperi (1885), “L’arte muratoria” di Luigi Cattaneo (1889), “La pratica del fabbricare” di Carlo Formenti (1893) fino ai manuali degli inizi del XX secolo. Tutte opere che poi contribuiranno a tramandare quell’insieme di insegnamenti in base ai quali una costruzione poteva essere considerata “ben fatta”: le cosiddette “regole d’arte” del costruire. In generale, la manualistica, didattica o documentale, opera di artigiani o di famosi architetti, nasce dal tentativo di superare il distacco tra indicazioni formali (progettazione architettonica) e tecniche esecutive, utili agli addetti ai lavori per la realizzazione delle opere edilizie.