Scritto assieme a Gerard Brach e Tonino Guerra, “Identificazione di una donna”, è un film del 1982 diretto dal regista cinematografico, sceneggiatore, montatore, scrittore e pittore italiano Michelangelo Antonioni. Esattamente questo film è tra gli ultimi film girati dal celebre regista prima che i gravi problemi di salute gli togliessero l’uso della parola. Grazie a questa pellicola cinematografica, Antonioni, considerato uno dei maggiori registi della storia del cinema, riceve il Premio del 35° anniversario a seguito della presentazione al 35° Festival di Cannes. La fotografia è affidata alle abili mani di Carlo di Palma.
La vicenda della sua separazione gli dà lo spunto per fare un film sulle relazioni delle donne. E così inizia a cercare un volto femminile che possa interpretare il ruolo principale in questo suo prossimo film – ma anche nella sua vita. Un giorno, una telefonata indirizzata alla sorella ginecologa, gli permette di incontrare Maria Vittoria Luppis (o Mavi), una ragazza aristocratica, misteriosa e bisessuale, dalla quale è conquistato. Con la bella, inquieta e disinibita ragazza di estrazione alto borghese, Niccolò intesse una relazione. Nonostante tutto, l’eros non basta e pur mai saziandosi, il rapporto tra il regista e Mavi diventa precaria e instabile. Inoltre, Niccolò inizia a ricevere una serie di telefonate minatorie che gli intimano di interrompere la relazione con la ragazza. Qualcuno spia il tutto (lo si vede di scorcio dalla finestra, molto piccolo, nascosto tra gli alberi) e l’uomo si accorge persino di essere pedinato. Così, per scoprire chi lo perseguita, chiede a Mavi di fargli conoscere i suoi vecchi amici facendosi introdurre in un ambiente asettico, al quale si sente totalmente estraneo. La loro relazione diventa poi sempre più fragile anche per effetto dell’atteggiamento ostile degli amici di Mavi fino al punto che un giorno, Niccolò viene esortato da un anonimo a troncare con lei. L’uomo sospetta che dietro tutto questo ci sia il vero padre di Mavi che lei stessa ha sempre odiato e considerato come puro amico di famiglia. I due fuggono da una minaccia forse fantomatica, inesistente, che credono incomba sul loro amore. Ma tornati in città dopo un viaggio in campagna, durante il quale Mavi accusa Niccolò di non sapere amare, ella scompare facendo perdere di sé qualsiasi traccia.
Qualche giorno dopo l’uomo riceve la visita di suo nipote, il figlio della sorella, il quale gli suggerisce di realizzare un film di fantascienza. Niccolò cerca l’ispirazione per il suo film trovando conforto in un’altra figura femminile, molto più sicura e concreta della prima, la ballerina Ida. Quando questa viene a conoscenza di Mavi, senz’ombra di gelosia, si offre di aiutare l’uomo a ritrovarla. Ma quando lui riesce a ritrovare la sua ex amante che abita a casa di un’amica, esita ad avvicinarla, non riuscendo ad andarle incontro. La giovane, visibilmente turbata da uno sfiorato incontro con l’uomo che non voleva più, si dirige lentamente verso la finestra che si affaccia sul vicolo. Mentre Niccolò si avvia verso la sua auto, si volta. Scorgendolo, Mavi non si allontana dalla finestra, mentre a poco a poco il suo volto si distende. Per vincere la sua malinconia Niccolò si butta nella nuova relazione e quella stessa sera propone a Ida di partire per Venezia.
Durante il soggiorno a Venezia, la coppia fa una gita in barca sulla laguna, durante la quale Niccolò confessa a Ida le sue serie intenzioni. Al ritorno in albergo la donna riceve una notizia che pare riempirla di gioia: aspetta un bambino (figlio di un altro uomo con il quale in precedenza aveva avuto una relazione). Ma il regista non se la sente di far da padre al figlio di una donna che conosce da poco tempo. Mavi lo aveva lasciato fuggendo, mentre Ida si fa lasciare piangendo.
Nel suo studio, quello in cui il “pannello delle facce femminili” riporta foto di molte donne, l’uomo si dirige con passo deciso verso la finestra (quella su cui in un giorno di pioggia aveva incollato un ritratto della star del cinema degli anni’20-30 Louise Brooks), come un ragazzo si siede sul davanzale astraendosi nella contemplazione del sole e del tramonto. Ripensa a quando suo nipote gli aveva chiesto di fare un film di fantascienza. Mentre già gli sta raccontando come sarà questo suo prossimo film.
Niccolò infatti rappresenta l’intellettuale solitario, assorbito totalmente nelle sue necessità e nelle sue abitudini, forse anche nei suoi incubi. La storia è solo un pretesto per rivelare quanto le persone richiamino ossessivamente nella loro vita il bisogno di cogliere le proprie ragioni esistenziali attraverso l’esperienza interpersonale. Niccolò è un uomo alla ricerca di un volto, ma in realtà questo volto è la ricerca di se stesso, della propria identità attraverso la necessità di trovare la costruzione degli affetti, il possesso di una sicurezza impossibile, la certezza della vittoria sulla solitudine. Anche se alla fine tra le mani gli resta il senso sfuggente e irraggiungibile della propria esistenza. Un’esistenza che si scorge da quella finestra che gli fa capire di essere spiato, da quella finestra da cui si sente osservato e lasciato andare, da quella finestra su cui incolla la foto di quella donna ideale che mai incontrerà. Una scena del film ci offre però ciò che veramente rimane: tra i rami di un pino, di fronte ad una finestra, uno strano oggetto che mai sapremo cosa sia.