Come abbiamo visto in precedenza, le finestre, pur essendo ancora allora una parte dell’edificio piuttosto trascurabile e rara, erano lunghe e strette fessure strombate verso l’interno, caratterizzate da ante cieche in legno che favorivano la chiusura e proteggevano dalle temperature rigide, o troppo elevate, e dai pericoli esterni. Sappiamo come, anche a discapito della luminosità, in gran parte delle abitazioni, nelle alte aperture che rappresentavano le odierne finestre, fossero a tale scopo poste pelli o stoffe più o meno pesanti, secondo la stagione. A quel tempo le finestre delle case che si affacciavano sulle strade avevano soprattutto forma rettangolare e erano collocate in alto, allo scopo di proteggere gli ambienti interni da sguardi indiscreti.
Tutte queste scoperte ci hanno dato la possibilità di capire, sia le funzioni per le quali fossero create, come tipicamente quelle di una maggiore illuminazione e mantenimento della temperatura interna, sia con quali materiali fossero costruite le finestre più antiche.
Indiscutibili testimonianze delle prime vere finestre sono state, infatti, alcuni scavi archeologici, come quelli di Ostia, Pompei, ed Ercolano, che hanno riportato alla luce antiche tradizioni e stili di vita. Ad esempio, le case dei patrizi a Pompei erano dotate di telai di bronzo tra i quali erano inserite delle piccole ma spesse (circa un centimetro) lastre di vetro grezzo non proprio trasparente. È assai probabile che ciò fosse dovuto al fatto che solo la popolazione più ricca e agiata poteva permettersi il lusso di possedere questi particolari oggetti, considerati vere e proprie opere d’arte. Altre volte (famiglie meno abbienti) queste lastre venivano inserite e incastrate in telai fatti di legno, terracotta, marmo, o ferro.
Così come in generale tutte le abitazioni dei ricchi cittadini romani che potevano godere del prestigio dovuto al sorprendente impiego di ampie aperture chiuse con lastre di vetro dettato da regole mondane tipiche dei Romani. A prova di ciò, anche il fatto che all’epoca dell’imperatore Severo, era stata introdotta una tassa sui prodotti vetrari che fu poi abolita dall’imperatore Costantino. Così iniziarono ad essere installati i vetri alle finestre, ma solo nelle case delle persone facoltose.
Così scriveva Cicerone a proposito dell’impiego sempre più diffuso del vetro. Come ben sappiamo il filosofo visse nella seconda metà del primo secolo e, come si rileva da questa lapidaria affermazione, il prestigio del vetro nella società romana dell’epoca era davvero sorprendente. Infatti, nel 54. a.C., poco prima dell’invenzione della “soffiatura” (tecnica usata per dare forma al vetro), Cicerone (Orazione Pro Rabirio) sosteneva come il vetro fosse tra i materiali più lussuosi, insieme al lino ed alla carta.
È anche vero che la più antica finestra realizzata in vetro, realizzata come una sorta di piccolo oblò di bronzo che girava attorno ad un asse orizzontale sospeso a due perni, è identificabile nelle cosiddette “thermae” proprio di Pompei. Inoltre, una gran parte della produzione di lastre di vetro trasparenti era destinata dai romani non solo per le abitazioni, ma anche per la costruzione delle serre. In questi edifici la creazione di un microclima caldo permetteva la crescita di piante ornamentali esotiche, così come avveniva nelle terme, il cui impiego di questa nuova tecnologia, aveva lo scopo di far risparmiare gran quantità di combustile.
Un esempio, è costituito dal cosiddetto “ipocausto”, già conosciuto nell’antica Grecia, come sistema che era alimentato da una fornace (detta praefurnium), posta entro cavità sotto il pavimento o dietro alle pareti, che produceva così aria calda ad altissima temperatura canalizzata.
Grazie allo sviluppo dell’industria del vetro nei primi secoli dell’Impero Romano si diffuse un metodo più rapido e preciso: la “colatura”, che fece la sua prima comparsa durante l’impero di Ottaviano Augusto e che fu impiegato negli edifici pubblici di Roma. Questa nuova tecnica, che consentiva un’efficace creazione di placche di vetro, divenne sempre più una specialità tanto, sia da favorire l’emergere di una vera e propria professione, sia da far sì che sotto Nerone (37-68 d.C.), venisse realizzato il primo laboratorio vetrario romano.
In epoca imperiale i romani erano soliti utilizzare una tipologia di finestra chiamata “bifora”, divisa verticalmente da una colonnina o da un pilastrino in due aperture su cui poggiavano due archi a tutto sesto o acuti. La finestra a bifora, diventò tipica in seguito giacché impiegata frequentemente nelle finestre degli edifici del Medioevo, negli stili bizantino, romanico, musulmano, gotico e subito comunemente adottata, anche grazie al suo pratico utilizzo in funzione di supporto all’infisso.
Come abbiamo visto, i Romani diedero un grande impulso alla realizzazione delle finestre, e in tutte le provincie romane, e non solo, possiamo trovarne testimonianza ancora oggi. Basti pensare alle terme di Treviri in Germania, costruite all’epoca dell’imperatore Costantino e poi terminate in seguito sotto l’imperatore Valentiniano nel 370 d.C., in cui si potevano ammirare grandi finestre vetrate e decori. Così come le sfarzose ville romane costruite lungo la Mosella in Francia, anch’esse caratterizzate da ampie aperture di finestre, e utilizzate all’epoca dalle famiglie più agiate come case di campagna.